Il giorno scivola come sale nell’acqua. Resta un sapore di luce sulle labbra. C’è sempre un momento, a fine agosto, in cui la città si accorge di respirare più piano. Le voci scendono di un tono, le saracinesche scricchiolano come vecchi violini, le finestre trattengono l’ultimo tepore. Il mare — se c’è un mare — resta. Non se ne va coi turisti né con i cartelloni delle sagre: il mare tiene il posto a sedere per tutti , come un amico che arriva in anticipo e non si lamenta mai. Questo è un notturno per chi ritorna. Per chi apre la valigia e trova sabbia negli angoli, biglietti stropicciati, nomi appuntati male su foglietti di fortuna. È un notturno per chi non è partito affatto e ha tenuto il filo dei giorni come si tiene una corda tesa tra due balconi. Le onde fanno il mestiere antico del tempo: cancellano e riscrivono, senza fretta. Nel buio che si fa più blu dietro i lampioni, ogni cosa torna alla sua misura. La promessa di settembre è ancora lontana: non chiede prog...
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